mercoledì 28 novembre 2012

INTOLLERANZE ALIMENTARI

Gonfiore addominale da intolleranze alimentari

Che le si dia il nome di colite, di “intestino irritabile” o semplicemente di “pancia gonfia”, il problema è sempre lo stesso: spesso all’improvviso, anche dopo aver mangiato pochissimo (magari anche cibi “indiscutibilmente sani”), si avverte un fastidiosissimo e “apparentemente inspiegabile” gonfiore addominale. Non si tratta solamente di un disturbo estetico, per “la maglia che tira”, ma di un vero e proprio disagio, legato a gonfiore e tensione addominale costanti che ci “appesantiscono” la giornata e non ci danno tregua; spesso sono associati anche crampi addominali, stitichezza o diarrea, flatulenza, meteorismo, ecc. C’è chi dà tutta la colpa allo stress o al mangiare di fretta, un panino e via, magari in piedi, senza prendersi le dovute pause…sicuramente questi fattori sono anch’essi concausa del disturbo, ma c’è di più. Immediato è il legame con l’alimentazione, causa diretta, senza ombra di dubbio, di questo disturbo; ma se è “legittimo” sentirsi gonfi e pesanti dopo un’abbuffata, non sembra invece giustificato il gonfiore che insorge dopo un pasto a base di cibi considerati “sani”, facenti parte dell’alimentazione di tutti i giorni. Le ragioni di questa inspiegabile “intolleranza” ai cibi quotidiani è insita in uno stile di vita, soprattutto alimentare, che ci porta, un po’ alla volta, alla perdita dell’efficienza dei complessi meccanismi del nostro intestino.
Condizione indispensabile per garantire la salute dell’intero organismo è il mantenimento dell’equilibrio della flora batterica intestinale (eubiosi). Ci sono più di 400 specie batteriche che vivono nel tratto gastrointestinale, costituendo un vero e proprio ecosistema, che protegge la mucosa intestinale facilitando i processi digestivi e assimilativi.  Purtroppo tale equilibrio è messo costantemente a dura prova a causa delle nostre abitudini alimentari e di stile di vita errati. Fin dalla nascita, infatti, il mancato o insufficiente allattamento al seno, la precoce introduzione del latte vaccino o errori durante lo svezzamento e, in seguito, nel corso della vita, l’abuso di farmaci (antibiotici soprattutto), gli inquinanti alimentari (metalli pesanti, additivi, conservanti e pesticidi), lo stress, le infezioni, ecc., alterano la composizione della flora batterica fisiologica. Quando l'equilibrio tra i vari gruppi e sottogruppi batterici viene a mancare (disbiosi), si creano le condizioni per la proliferazione di germi patogeni (clostridi, salmonelle, coli, candida, ecc.), il cui metabolismo, a carattere fermentativo (degli zuccheri) o putrefattivo (delle proteine), causa la formazione di quantità elevate di gas intestinali. Ne è un esempio tipico la candida, un fungo abitante abituale del nostro intestino che, in caso di disbiosi, ne approfitta per proliferare in modo anomalo, determinando una marcata fermentazione degli zuccheri, di cui si nutre, con il risultato di innescare un’anomala ed esagerata produzione di gas. La flora batterica intestinale adempie anche l’importante compito di coadiuvare i processi digestivi delle sostanze alimentari ingerite. Produce infatti enzimi aventi la specifica funzione di aiutare, completare e “rifinire” il lavoro digestivo svolto dal pancreas. In condizioni di disbiosi accade che i cibi che arrivano all’intestino non vengono adeguatamente demoliti nei loro nutrienti di base (acidi grassi, aminoacidi, monosaccaridi, ecc.), restando sotto forma di macromolecole indigerite; queste non possono essere assorbite dai microvilli intestinali e vanno incontro a fermentazioni o putrefazioni. Un esempio importante è il caso del lattosio; l’intolleranza al lattosio, estremamente diffusa, è determinata, oltre che da una scarsa produzione dell’enzima idoneo (lattasi) da parte del pancreas (l’enzima dovrebbe essere fisiologicamente presente nel lattante e poi calare gradatamente con l’età), anche dall’inefficiente sintesi di enzimi da parte della stessa microflora intestinale alterata (in disbiosi). Il lattosio, così indigerito, fermenta dando luogo a gonfiore e meteorismo.
Come se ciò non bastasse, quando la flora batterica benefica scarseggia, ne approfittano i microrganismi patogeni che, tra le altre cose, arrivano anche ad aggredire la mucosa intestinale. Venendo meno la moltitudine di batteri benefici, si riduce la loro azione protettiva: la mucosa intestinale è più esposta e diventa suscettibile all’aggressione delle sostanze tossiche e dei microrganismi patogeni (la stessa candida, accrescendosi, sviluppa delle ramificazioni con le quali si ancora alla mucosa causando delle vere e proprie perforazioni). In queste condizioni si creano dei veri e propri varchi tra le cellule e la mucosa diventa permeabile alle macromolecole alimentari indigerite e alle sostanze di scarto che altrimenti avrebbe respinto: l’intestino, da efficiente barriera selettiva, è ormai un “colabrodo”. Alimenti indigeriti e tossine fanno così il loro indesiderato ingresso nell’organismo: è questo il modo in cui si sviluppano le intolleranze alimentari.
La condizione per cui si inneschi un’intolleranza alimentare è perciò la perdita di integrità della mucosa intestinale e il venir meno delle sue funzioni digestive e protettive. In questa situazione, oltre a crearsi un ambiente malsano, con produzione di grandi quantità di gas, accade che i cibi indigeriti, invece di essere eliminati come scorie con le feci, riescono a superare la barriera mucosa, perché non integra. Si allerta perciò il sistema immunitario sottostante, che identifica queste macromolecole alimentari come estranee, nemiche, e attiva contro di esse una risposta difensiva. Si liberano di conseguenza grandi quantità di mediatori chimici e di cellule immunitarie (linfociti) che innescano una risposta di tipo infiammatorio. L’aggressione da macromolecole alimentari non viene generalmente considerata come un pericolo immediato da parte del sistema immunitario, quindi la reazione è lenta e nelle prime fasi silente (senza sintomi evidenti) e dose-dipendente, nel senso che per attivare i linfociti ad una risposta infiammatoria, l’attacco deve essere massiccio e prolungato. Questo spiega il motivo per cui le intolleranze alimentari si sviluppano verso gli alimenti assunti più frequentemente e che fino a quel momento “non hanno mai dato problemi”, almeno in apparenza. Tale stato infiammatorio cronico, leggero ma costante, dell’intestino, rimane silente fino a quando l’organismo non supera un certo limite, oltre il quale il sintomo si manifesta. Ad un certo punto, però, l’intestino infiammato diventa ipersensibile e non tollera più nulla: “ogni scusa è buona” per produrre gas, flatulenza, meteorismo….
È evidente che l’utilizzo di farmaci anti-meteorismo, né tantomeno l’impiego di “disinfettanti intestinali”, come proposto in genere dall’approccio convenzionale, non può rappresentare la soluzione reale della problematica.

Fonte: Prodeco P.

venerdì 9 novembre 2012

Infertilità e vita di coppia

Le conseguenze silenziose dell’infertilità

Se è vero che d’infertilità si parla poco, è altrettanto vero che dell’impatto di questo fenomeno sulla sessualità di coppia se ne parla ancora meno.
.
Nel momento in cui una coppia decide di sposarsi o di iniziare una convivenza, ha in modo più o meno consapevole l’idea che un giorno dalla  loro unione si possa generare una nuova vita. Quando questo non succede, la diagnosi d’infertilità può indurre gli aspiranti genitori a interrogarsi sul valore e sul significato del loro legame.
.
Ha senso continuare a stare insieme quando sul futuro aleggia l’ipotesi di una vita senza figli?
.
Senza entrare nel merito del significato e delle conseguenze emotive che una domanda di questo tipo può avere sulla coppia, mi sembra opportuno evidenziare che lo shock iniziale causato da una diagnosi d’infertilità provoca  inevitabilmente reazioni emotive negative. Spesso i coniugi si sforzano di tenere a bada questi pensieri, di nasconderli all’altro quasi come se si dovessero vergognare per il solo fatto di aver generato un tale pensiero o una tale emozione…Per quanto può sembrare banale bisogna sottolineare che non c’è nulla di cui vergognarsi, le emozioni negative non solo esistono ma vanno affrontate ed elaborate, per evitare di  compromettere la qualità della comunicazione tra i membri della coppia già messi a dura prova da una diagnosi infelice.
.
L’infertilità dunque oltre a causare profonde sofferenze psicologiche individuali e disagi nella comunicazione può avere delle ripercussioni sulla sessualità di coppia.

L’attività sessuale che fino a quel momento era un piacere, smette di essere un’attività ludica nata dal desiderio per diventare attività finalizzata alla procreazione. L’iniziativa sessuale di un partner può essere vissuta dall’altro come finalizzata al solo progetto genitoriale andando così a minare la qualità del rapporto.

In circostanze simili il successo dell’atto sessuale è dato dalla capacità di concepimento e non dal livello d’intimità e sintonia raggiunta. La sessualità perde la sua valenza affettiva per trasformarsi in mero meccanicismo: il desiderio sessuale lascia il posto ai ritmi della fertilità biologica; l’attività sessuale diviene quindi scandita da ritmi, orari e modalità ben precise.

Spesso capita che uno dei due partner non sia disponibile all’attività sessuale pianificata per varie ragioni e ciò irrita profondamente l’altro andando a minare un equilibrio già precario all’interno della coppia.

L’infertilità è una condizione che mette a dura prova. Ci vuole complicità, pazienza comprensione e soprattutto una continua comunicazione che permetta alla coppia di ricordarsi reciprocamente che la vera forza è nel loro legame…
Dott. ssa Tiziana Fiore
https://granellidipsicologia.wordpress.com/

 

giovedì 8 novembre 2012

Scoperti geni legati a endometriosi

Aperta strada a nuovi trattamenti per disturbo ginecologico

(ANSA) - SYDNEY, 29 OTT - Scienziati australiani hanno scoperto nuovi geni legati all'endometriosi, aprendo la strada a nuovi trattamenti per un disturbo ginecologico spesso doloroso, di cui non si conosce cura. Lo studio guidato dal prof. Dale Nyholt dell'Istituto di ricerca medica del Queensland e condotto su 5640 pazienti di endometriosi australiane, giapponesi ed europee, ha identificato quattro nuove aree genetiche legate alla condizione: varianti di Dna piu' comuni nelle pazienti che nella popolazione generale.