Il principio l'emissione continua di impulsi elettrici confonde e annulla i segnali dolorosi della zona lombare e cervicale Neurostimolazione per dire addio alle fitte
Giancarlo Calzolari Il dolore è il nostro grande nemico. In Italia facciamo assai poco per combatterlo nella maniera più efficace, anche se, recentemente, sono stati messi a punto nuovi e rivoluzionari metodi. Ne parliamo con il professor Pier Vittorio Nardi, direttore del centro del dolore che si trova nel policlinico Casilino, una delle strutture più efficienti e più moderne per debellare questa insidia. Quando parliamo di dolore, intendiamo riferirci soprattutto a quello neuropatico, perché contro quello, tremendo e angoscioso provocato dal cancro, si adottano altre metodiche. La Medtronic, in particolare, ha ideato e messo a punto in questi ultimi anni la neuromodulazione spinale che si basa su un piccolo apparecchio assai simile, come forma, a un pace maker cardiaco che, inserito sotto la pelle, emette impulsi elettrici i quali riescono a contenere e, addirittura, ad annullare le fitte angosciose del dolore. «Questa tecnica della neurostimolazione - ci dice il professor Nardi - permette di fare a meno, in molti casi, della morfina e degli altri farmaci che spesso determinano un sovraccarico del fegato e mettono in discussione la loro efficacia. Per comprendere il meccanismo della stimolazione con impulsi elettrici, ricordiamo una situazione assai comune. Intendo parlare dello schiacciamento accidentale di un dito che può avvenire quando chiudiamo una porta o per una martellata. Il nostro comportamento è assai semplice: tutti mettiamo il dito sotto l'acqua fredda, oppure subito dopo lo mettiamo in bocca oppure agitiamo la mano. Tutte queste nostre azioni hanno lo scopo di confondere e annullare i segnali dolorosi. La stimolazione elettrica parte dallo stesso principio: quello di confondere e di frastornare i segnali del dolore con l'emissione continua d'impulsi elettrici che finiscono per annullare il dolore, sia cervicale o della zona lombare. Due ricercatori canadesi circa vent'anni fa trovarono il metodo di impiantare elettrodi che rispondevano a segnalazioni elettriche con risultati assai interessanti, perché evitavano problemi al fegato. L'impianto di elettrodi adesso è diventato sempre più sofisticato tanto che possono essere situati in altre localizzazioni eliminando, ad esempio, il tremore del Parkinson. Possiamo così combattere anche i dolori dell'ictus che accompagnano, in alcuni casi, la perdita di mobilità. Un trattamento sempre più richiesto è quello, ad esempio, per lo stiramento dei nervi della spalla, causato dalle cinture di sicurezza nelle auto, le quali anche se ci salvano da eventi ben più gravi e catastrofici, spesso determinano inconvenienti e i fastidi che possono durare anche a lungo». Ma come mai in Italia la lotta contro il dolore, è in ritardo rispetto agli altri paesi? «Tutte le misure per risolvere questo problema non sono nate in forma organica. I problemi del dolore sono stati delegati agli anestesisti mentre solo da poco tempo si è raggiunta la certezza dei centri specialistici, devono essere di competenza di diverse professionalità, come appunto gli anestesisti, gli oncologi, i neurochirurghi e gli psicologi. Unendo queste professionalità e aggiungendo le moderne tecniche della neuromodulazione è possibile ottenere risultati certamente migliori. Un grande apporto è stato dato dalla campagna dell'attore Jerry Lewis, il quale, per aver riportato un notevole trauma per una caduta su un cavo d'acciaio, era vittima di dolori selvaggi dai quali è riuscito a uscire, grazie alla neurostimolazione. Anche grazie a lui, adesso, possiamo combattere e affrontare il dolore con maggiori mezzi e una diversa consapevolezza».
Fonte: Il Tempo
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