martedì 31 gennaio 2012

Isterectomie evitabili nel 50% dei casi


Per le donne l'asportazione dell'utero resta il più diffuso intervento al mondo dopo il taglio cesareo. L'hanno subita negli Usa una ultra sessentenne su tre, nel Regno Unito una su cinque e in Italia sono state eseguite nel 2004 circa 70.000 isterectomie. Eppure, ogni anno, il 50% di queste operazioni potrebbe essere evitato. Il dato arriva dal Congresso mondiale di ginecologia, che si chiuderà domani a Città del Capo (Sud Africa) e che riserva particolare attenzione ai trattamenti 'conservativi'. "Oggi abbiamo nuove possibilità terapeutiche in grado di 'salvare' l'utero", spiega Emilio Arisi, direttore dell'Unità operativa di Ostetricia e Ginecologia dell'ospedale regionale S. Chiara di Trento e consigliere nazionale della Società italiana di ginecologia e ostetricia (Sigo). In particolare, i sanguinamenti eccessivi - la più diffusa patologia della mestruazione che riguarda una donna su 20 tra i 30 e i 49 anni - "vanno curati con un sistema intrauterino a rilascio di farmaco" evitando interventi invasivi come indicano anche le linee guida della Sigo. "Si avverte uno stimolo culturale nuovo - continua Arisi - una maggiore sensibilità a livello internazionale, che ha spinto anche altre società scientifiche nazionali, come quelle americana e inglese, a stendere linee guida sui flussi abbondanti. Un problema con importanti riflessi sulla qualità della vita della donna, forti disagi nella vita relazionale, lavorativa ed affettiva" e che "troppo spesso porta all'asportazione dell'utero". L'utilizzo del dispositivo intrauterino, che libera in maniera costante, per 5 anni, una piccola quantità di progestinico, garantisce anche la sicurezza contraccettiva per tutta la sua durata d'uso. "E' un'ottima soluzione - dice l'esperto - anche per quei Paesi in cui vi è un alto tasso di aborti, soprattutto di quelli ripetuti. Il dispositivo può infatti essere inserito immediatamente dopo un'interruzione volontaria di gravidanza e questa rappresenta a nostro avviso un'utile strategia per mettere al sicuro donne che si trovano in una particolare situazione di vulnerabilità. Ogni 8 minuti nel mondo si registra una morte per complicanze legate ad aborti compiuti in condizioni di non sicurezza".

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